tisdag 25 maj 2010

Il motivo dell'apprendimento

Mia figlia di cinque anni ha deciso che vuole essere grande ed indipendente, "klara mig själv" come dice lei. Indipendente per lei vuol dire sapere lacciare le scarpe e a scrivere, grande è quando uno sa fischiare.

Che fa? Si mette sotto.

Ogni volta che devo scrivere la lista delle compere, mi dice che lo vuole fare lei invece. Mi chiede di dire ogni parola lento lento, così riesce a sentire le lettere. Per una lista di cinque cose ci vuole un quarto d'ora, ma la sua soddisfazione dopo è indescrivibile!

Poi le scarpe. Mi chiede di lacciarle le scarpe. Poi cerca di copiare. Se non riesce, mi chiede di farlo un'altra volta e poi mi chiede di farlo insieme a lei. Poi si mette in un angolo della casa e prova, e prova di nuovo, e di nuovo.

Mi sembra che la cosa più importante per lei è imparare a fischiare, e la spiegazione mi ha dato lei l'altra sera quando mi ha raccontato che c'è un bambino all'asilo che sa fischiare e che le stuzzica sempre, fischiando nell'orecchio suo. "Quanto vorrei venire all'asilo una mattina e mettermi a fischiare nell'orecchio suo!" dice la principessa...

Un giorno abbiamo praticato come si deve comprimere le labbra e un'altro giorno le ho detto che si deve soffiare più o meno come si fa in un fischietto. Un minuto dopo le vedo col fischietto del frattello in bocca...

Perché più grandi diventano i bambini, meno curiosi ed interessati sono? Si, una spiegazione è certo che quando sono piccoli è più concreto, più legato alla loro vita quello che vogliono e devono imparare. Poi diventa più astratto. Ma non può essere l'unica spegazione. Io ho notato due cose che trovo importanti per questa perdita di iniziativa e curiosità. Una è quando il modello d'insegnamento cambia quando cominciano l'anno sette a tredici anni. Da un'insegnamento dove le materie si studiano non una alla volta, ma tante insieme per capire come sono collegate, ad un'insegnamento dove ogni insegnante, ogni materia è una storia in se. Un'altra è quando cominciano ad avere i voti...

Uno dei compiti più importanti di un'insegnante secondo me, è di far uscire questa curiosità che hanno perso. Di dargli le indicazioni per come arrivare ad una soluzione, una spiegazione al loro problema. Invece di spiegare una regola grammaticale per mezz'ora, dargli un compito in cui loro stessi devono trovare la regola. Vi assicuro che imparano meglio, più volentieri e dalla nuova conoscenza esce quasi sempre la curiosità di altre regole.

Un'altra cosa che ho visto è che quando uno parla con un'alunno di che cosa ha fatto bene e che cosa deve imparare meglio su per esempio un tema, senza dare un voto imparano molto di più di quando hanno anche un voto. I sono abbastanza sicura che uno degli ostacoli più grandi dell'apprendimento è il voto.

15 kommentarer:

orma sa...

E' vero, il voto è davvero un ostacolo sia quando è alto e sia quando è basso e non è comunque la misura di quanto hai imparato davvero.
Per l'inglese e ora per lo svedese applico il metodo che dici tu, poche regole, ma soprattutto guardo gli esempi, a 14 anni con l'inglese erano le canzoni dei Beatles, mi ricordo ancora l'entusiasmo mio e di una mia amica alla scoperta del genitivo sassone!
Con lo svedese sto seguendo un po' lo stesso principio, provo a leggere fumetti, che hanno frasi brevi, e libri e cerco di capire come funziona.
In terza media abbiamo avuto un professore davvero capace di creare curiosità, proprio perchè creava collegamenti tra le cose e tra le materie, con lui avevo ottimi voti e in questo caso il voto non era perchè studiavo di più, ma solo perchè mi interessavo di più, e cosa più importante, con lui ho riscoperto il piacere di imparare.

gattosolitario sa...

Io non penso che il voto sia tutto, ma giudicare fa bene, altrimenti tutti si adiagiano verso il basso. E chi é piú bravo deve essere premiato.

Nella mia esperienza una persona con buoni voti puó fallire o riuscire dopo nel lavoro, ma una con cattivi voti fallirá quasi sempre.

Carin sa...

Io no dico che è male mettere i voti, ma dipende da come si fa e che cosa misura veramente. Spesso è per esempio quanto aiuto hai a casa, forse un'amico o parente che ti aiuta, o quanto sei bravo a imbrogliare. Non sono sicura che i voti, specialmente in Italia, devo dire, misurino le conoscenze giuste!

gattosolitario sa...

O forse che hai solo studiato di piú? Come il rasoio di Occam : "A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire".

E poi perché specialmente in Italia? Io capisco che sia un paese alla deriva, ma pensare che tutto sia corrotto a prescindere é un pochino riduttivo.

Franco Fazio sa...

Ma perché nei licei scientifici si studiano i filosofi, i letterati, i poeti, i matematici, gli scienziati, ecc. se poi non esiste un momento di riflessione in cui si debba usare davvero il cervello? Possibile che non esista un tempo dove esprimere opinioni contrastanti rispetto a quelle del professore o dell'autore? Possibile che non esista libertà di "intelligere"? E poi, tra queste mura giallastre, perché gli insegnanti possono arrivare ad imporre le loro (spesso) insulse idee sugli altri? Chi dice che hanno ragione?

Puntino sa...

"Di dargli le indicazioni per come arrivare ad una soluzione, una spiegazione al loro problema. Invece di spiegare una regola grammaticale per mezz'ora, dargli un compito in cui loro stessi devono trovare la regola."

Metodo all'Inglese... ;) lo conosci?

Carin sa...

@Orma. Vedi che hai trovato un ottimo metodo per imparare che funziona per te! Secondo me saresti un'ottima insegnante! =)

@Puntino. PBL, Problem-based learning in inglese, Problembaserat lärande, in svedese.

@Franco. Sono d'accordo! E quello che cerco nell'insegnamento!

@ Gatto. Ma studiare di più non vuol sempre dire poi sapere di più, dico di conoscenze che veramente servono, invece di cose imparate per metterle su una carta in un specifico momento - l'esame. Non sono contro valutazione delle conoscenze degli allievi, ma penso che non siano sempre le conoscenze giuste che vengono premiate. La scuola svedese, o almeno lo scopo con la scuola svedese, mette in rilievo altro che solo imparare a memoria (anche se è importante anche questo!). Per arrivare ai voti più alti devi sapere analizzare, esprimere e motivare i propri pareri, mostrare che puoi usare quello che hai imparato per creare conoscenze nuove e per unsarle in contesti nuovi. Non sono sicura com'è nella scuola italiana. Quello che ho visto e sentito quando ho parlato con gli insegnanti italiani che conosco in diverse città in Italia e che sembrano premiare in primo luogo se i ragazzi sanno copiare, imparare a memoria, quello che hanno detto i docenti. So anche che sanno che i ragazzi con i voti più alti spesso hanno avuto aiuto da per esempio un fratello più grande (per esempio un'insegnante a Roma che ha raccontato che ha riconosciuto un lavoro consegnato da un ragazzo, come un lavoro fatto dalla sorella più grande due anni prima, anche mostrando una certa ammirazione per l'astuzia dell'allievo), o che copiano dall'Internet. Non mi sembra che lo trovino una cosa tanto grave imbrogliare in questo modo, una cosa che qui in Svezia viene vista molto seria. Certo che esiste anche qui, ma penso che sia più comune in Italia. In Italia ci sono anche scuole dove puoi comprare i voti... Ma quello che volevo dire era più di tutto che i voti possono essere ostacoli per l'apprendimento vero, quello che porta alle conoscenze vere, quelle che poi possono usare per avere nuove conoscenze. Almeno sulla strada si dovrebbe, secondo me, accentuare cosa sanno fare bene e cosa possono migliorare, non con un numero su una carta, ma con parole. Parole che possono aiutarli a migliorare e trovare la motivazione per imparare ancora più, trovare la curiosità, non solo la voglia di avere un voto, ma la voglia di imparare veramente. Potete anche leggere cosa ha scritto Beppe qui: http://onewaytosweden.blogspot.com/2010/05/ancora-su-medicina-e-dintorni.html, perché esprime quello che penso io.

orma sa...

Ogni tanto penso che mi piacerebbe insegnare storia dell'arte, ma poi penso che devo ancora imparare io molto.
Essere insegnanti è davvero una grande responsabilità...

Beppe sa...

@franco: Ma perché nei licei scientifici si studiano i filosofi, i letterati, i poeti, i matematici, gli scienziati, ecc. se poi non esiste un momento di riflessione in cui si debba usare davvero il cervello? Possibile che non esista un tempo dove esprimere opinioni contrastanti rispetto a quelle del professore o dell'autore? Possibile che non esista libertà di "intelligere"?
E poi ?
L'insegnante deve capire cosa vuole esprimere l'allievo con la sua riflessione, commentarla, discuterla con tutta la classe, avviare un altro filone di argomenti ... TROPPA FATICA ! Chi me lo fa fare ? Chi mi paga il lavoro in più che mi costa documentarmi e rispondere in modo coerente, ascoltare i diversi pareri della classe ecc. ecc. ? Molto meglio un voto che dica se l'allievo ha "assorbito" quanto da me detto e al diavolo la sua opinione (al diavolo nel senso del voto)

TopGun sa...

Concordo con il metodo all'Inglese.

Per quella che è la mia esperienza diretta, ti posso dire che moltissimi degli Insegnanti Italiani oggi, stanno lì perché hanno fallito in un altro campo.

fare l'insegnante è considerato un lavoro comodo per una donna, o comunque un ripiego per chi ha fallito nel suo campo.
Un Ingegnere che insegna matematica perché non ha saputo fare il suo lavoro e così via...

il risultato è che magari, nella scuola c'è gente anche preparata ma che non sa insegnare.


l'insegnante deve cercare di capire il singolo allievo, e catturarlo.
Arpionare il suo interesse.

per fare questo, devi amare la professione.
devi formarti ed arrivare all'insegnamento perché vuoi fare l'insegnante, perché lo ami.
non perché ti serve uno stipendio e non hai alternative.

parlo da ex alunno, ma conosco il mondo dell'insegnamento anche dal di dietro avendo un paio di zie insegnanti.

purtroppo so di che parlo.

Carin sa...

Ti credo, Top. È un po' cosi anche in Svezia, ma non tanto perché raramente puoi insegnare se non hai fatto, come si dice? l'istituto magistrale? il che vuol dire che almeno qualcosa devono imparare della didattica. Poi si fa il tironcinio che viene anche valutato. La scuola dove si fa il tironcinio può consigliare l'università a non far passare uno studente che non dimostra che sa insegnare, dico in pratica. Qui il problema più grande sono gli insegnanti (spesso quelli più vecchi, ma non sempre!) che hanno perso la voglia, che si sono stufati, ma che continuano lo stesso a insegnare.

TopGun sa...

avere insegnanti che hanno perso la voglia è già positivo.
perché prima almeno ce l'avevano.

qui invece è un parcheggio. una mini casta.


in tutta la mia vita, uno o due insegnanti salverei veramente.
io negato con la matematica, non dimenticherò mai il prof. del terzo liceo.

avevo 8 in matematica e fisica con lui.
perché dopo di lui un intera classe è arrivata alla maturità con 3?

Giulia sa...

Carin, concordo con le tue opinioni. Purtroppo ho anche io le mie brutte memorie di insegnanti mediocri che ripetevano a pappagallo nozioni che non avrebbero mai saputo utilizzare. E quanto si arrabbiavano se osavo mettere in discussione qualcosa!
Mio papa' insegnava in un istituto tecnico. Agli alunni diceva: il compito che vi dò da fare non consiste nel ripetere quello che vi ho spiegato, perchè quello dovete già saperlo. Consiste nell'usarlo per risolvere un problema nuovo. Secondo me quello era un metodo giusto e premiava chi non solo aveva studiato ma anche aveva delle capacità di ragionamento, inoltre stimolava tutti a migliorare perchè risolvere problemi è molto più divertente che mandare a memoria delle nozioni.

Giuseppe sa...

Sono il papa' di Giulia.
Confermo quanto da lei detto e devo aggiungere che si "divertivano" ... specie quando, magari non raggiungendo il "risultato", si discuteva in classe le "innovazioni" che avevano inserito nella metodologia di affrontare la questione (a volte alquanto difficile da capire anche per l'insegnante, la loro inventiva era di molto superiore a quella - precondizionata dalle conoscenze - del proponente).
Non pochi spunti per le lezioni successive nascevano proprio dalle loro proposte di soluzione (p.e. quando obiettavo sulla validita' delle stesse ed erano "costretti" a difenderle e giustificarle; penso che imparassero molto piu' da tali discussioni che dalla "lezione frontale" - per dirla in termini universitari).

Carin sa...

Ciao Giuseppe! Sono d'accordo! Devono essere state lezioni bellissime. Che si può chiedere come insegnante altro che trovare modi di incuriosire i ragazzi! È c'è una situazione più adatta per imparare?